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Pinella Giuliano
di Sergio Pensato

Pinella Giuliano rientra nell’alveo della cosiddetta Pittura Colta; questa affermazione, altrimenti necessaria alla nomenclatura di un catalogo, non deve intendersi però in modo restrittivo per la qualità della specifica pittura. Con Pittura Colta s’intende il movimento italiano teorizzato agli inizi degli anni Ottanta dal critico d'arte Italo Mussa nell'ambito del postmodernismo; egli identificò così quel genere di arte visiva postmodernista che si propone un rigore sia nella ricerca della forma che nelle tecniche di esecuzione; i motivi di ispirazione sono rivolti alla citazione e al recupero di suggestioni letterarie, storiche, archeologiche con esiti che possono raggiungere valenze surreali o metafisiche. Negli stessi anni Maurizio Calvesi parlava di Anacronismo (termine coniato in origine dall'artista Franco Piruca) e il critico Italo Tomassoni di Ipermanierismo per indicare fenomeni simili a quelli individuati da Italo Mussa. Ricordiamo che della Pittura Colta hanno fatto parte i pittori Alberto Abate, Roberto Barni, Ubaldo Bartolini, Carlo Bertocci, Lorenzo Bonechi, Gerard Garouste e Carlo Maria Mariani. A mio giudizio, oggi si usa con eccessiva disinvoltura l’etichetta di movimento, causando una inflazione di tendenze che non riescono poi a storicizzarsi: sarebbe bene accostare il concetto di movimento a quello di scuola (non necessariamente coincidenti) e poi al manifesto, più o meno esplicito, di un autentico atto di coscienza, volontà e fondazione. Ma, certamente, tutte le persone che ho citate non parlano a vanvera: nel nostro caso assistiamo ad una forza di proporzioni sociali, molto più vasta e meno strutturata di quanto fossero i movimenti storici, conseguente allo sviluppo tecnologico. Oggi le immagini sono il medium principale della comunicazione di massa: siamo soverchiati da richiami visivi di qualunque genere, molto al di là di quanto possa reggere la soglia della percezione: così siamo disorientati e manipolati dall’industria e dall’opinion-marketing. Immagini che si consumano senza essere del tutto rimosse, spazzatura subliminale; intanto che in noi degrada ogni funzione simbolica e astratta. Su questo scenario si innesca pure una crisi storica, che muove dal Novecento e coinvolge le avanguardie, opposte ad una tradizione che non hanno finito di rinnovare. Così molti artisti rifiutano lo sperimentalismo, ma non cessano malgrado di sperimentare. Concludiamo che Giuliano nasce come artista da questo quadro e aderisce formalmente agli stilemi della Pittura Colta, senza rinunciare a temi personalissimi. Innanzi tutto la tavolozza, dai colori mediterranei e dalla luce solare; poi le figure, una antropologia affettuosa e distaccata persino nei momenti di surreale ieraticità... visi familiari che accosti alla finzione loro malgrado, persone che ti sembra di avere incontrato quante volte in strada, al bar, davanti la scuola. Viene d’istinto di contrapporli al pathos espressivo di certa Pop-art, alla crudezza anatomica di altri artisti assimilati alla Nostra da una definizione, ma assorti in giochi assolutamente diversi: nella pittura di figura Giuliano usa maschere e personaggi come potrebbe farlo un regista rivolgendosi ai suoi attori; non sono semplici corpi e neppure forme. Il gioco di Giuliano è fatto quindi di complicità con i personaggi che emergono dalla sua interiorizzata umanità, che trascende il realismo; la passione per il disegno guida la linea, il pennello l’asseconda con un tocco classico. Le citazioni sono strutturali a questa pittura scenografica, barocca nel modo ideologico di forzare la realtà disponendone ad arte la ricchezza: la tela si distende accogliendole tutte indifferentemente, mentre racconta la commedia umana; è ironia per contrasto, mai sarcasmo, come prospettiva di grandezze sfiorite con la Storia e assimilate al nonsenso quotidiano; visioni, premonizioni private del potere oscuro che sarebbe capace di muoverle, di un autentico centro d’ attrazione. Gesti congelati che trattengono la vita. Traspare la sensibilità esoterica della pittrice, non soltanto per l’uso abbastanza ovvio dei simboli, ma soprattutto per il difficile equilibrio tra una sensualità pagana, che si empie del tempo presente, e una teurgia che invece allontana tempo e spazio sacralizzandoli, come esorcizza la morte. L’Ombra di Giuliano, stranamente per una autrice, non è al maschile e cela nell’amore una chiave aurea per la conoscenza.


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